mercoledì 17 maggio 2017

La guerra di Piero


VEDESTI UN UOMO
IN FONDO ALLA VALLE...

La guerra

di Piero



       di Matteo Tassinari
Beata è la guerra,
chi la fa e chi la decanta,
ma più beata ancora è
la guerra quando è santa
(Rino Gaetano)
LE CANZONI HANNO UN SENSO non perché possano evitare le guerre: non è facendo canzoni contro i conflitti bellici che si eviteranno le guerre.  Tuttavia esse entrano a far parte del patrimonio culturale di un popolo, sono parte della coscienza, se non altro a livello subliminale. Dunque può essere un deterrente. Non vi è dubbio: "La guerra di Piero" è una delle più famose canzoni scritte in Italia contro la guerra, entrata a pieno titolo e, come tale, nelle antologie e nel patrimonio della nostra cultura. Fabrizio De André ne era particolarmente soddisfatto, anzi scriverei più che entusiasta della canzone, anche se temeva i relativi effetti di "imbalsamazione". Cioè? Argomento acuto e pulsante per De André quello della imbalsamazione culturale e immaginifica. Ha sempre pensato che uno comincia a scrivere per divertirsi e divertire e comunicare agli altri. Se ha culo, addirittura lo istituzionalizzano, così invece di rimanere un cantautore, una persona normale, finisce per essere una cosa che si va a vedere poi al Museo Egizio di Torino. T'imbalsamano. Fabrizio De André, in un'intervista a Vincenzo Mollica del TG1, scombussolò le menti di non pochi borghesi e benpensanti.



Un modo per
imbalsamarti

Questo nostro mondo è diviso
in vincitori e vinti, dove i primi
sono tre e i secondi tre miliardi.
Come si può essere ottimisti?

"Un modo per imbalsamarti è quello di mettere una tua canzone, magari su un'antologia scolastica. Non dico che non ci tengo, perché anch'io ho il mio amor proprio, anch'io sono un piccolo borghese, e in qualche misura mi hanno pure istituzionalizzato, quindi figurati se non ci tengo. Però c'è il rischio di rimanere ingessati, impalcati in figure che senti non corrisponderti. E questo arreca fastidio". Un tema, da sempre molto caldo per Fabrizio, quello d'essere libero da ogni condizionamento culturale o anche solo intellettuale, dove lo spazio per sparare cazzate è maggiore. L'importante per lui era avere il proprio distacco da tutto, dalle bollette, le file, le visite, il mostro della burocrazia, affinché ognuno abbia integra la propria libertà. Biagio Buonomo, uomo di grande cultura e acutezza intellettuale e scrittore oltre che autore del libro: "Fabrizio De André. Le storie, la storia questa canzone", costituisce il vertice più alto della poesia deandreiana, insieme, a "Crueza de mà", dove il mescolio di dialetti e note e strumenti mediterranei, odori e visioni, si accavallano fra di loro fino a formare un incantevole arco vitale. Non per niente fu quella che fece nascere in Fernanda Pivano il desiderio di conoscerne l'autore per poi innamorarsene e viceversa da parte di De André. Da qui nacque la collaborazione sui testi di Edgar Lee Master e una sorta di collaborazioni coi poeti della Beat Generation.

FABER AVEVA AFFRONTATO il tema della guerra in modo molto diretto già con Laballata dell'eroe”, ma è solo con La guerra di Piero” che riesce a colpire nel segno. Tant'è che le due canzoni verranno proposte nel 1964 in uno stesso 45 giri. La ballata nasce dalle storie raccontate al piccolo Fabrizio dallo zio Francesco che aveva fatto la campagna d'Albania e poi, preso prigioniero, aveva trascorso due anni in un campo di concentramento a Mannheim correndo anche il rischio di passare per il forno crematorio. Da quella esperienza non era riuscito a riprendersi mai più e quel poco che ne raccontò, di malavoglia, su sollecitazione di Fabrizio e del fratello Mauro, bastò per lasciare un segno profondo e indelebile nell'animo dei due ragazzi.

Te ne vai triste

come chi deve...


A volte penso che le ferite
peggiori che infligge la guerra,
non sono quelle ricevute
sui corpi, ma quelle che
rimangono nella mente

LA CANZONE RACCONTA di un ragazzo di nome Piero che deve lasciare i suoi campi, le sue bestie, la sua fattoria d'inverno, la sua famiglia, per avviarsi con passo già stanco verso la guerra, con l'animo di chi è costretto a farla "te ne vai triste come chi deve..."Punto di riferimento stilistico è sempre quello di Georges Brassens, il chansonier francois, l'uomo che lo ha sempre stregato coi suoi ritmi da marcetta anarchica che colpiva con sarcasmo ed ironia, lucido e puntuale. Versi colti come rose e girasoli "costretti" a guardare il sole, tanto a loro il sole non gli fa male agli occhi. A nulla valgono le voci dei morti in battaglia: "chi diede la vita ebbe in cambio una croce" che gli dicono di fermarsi. E così, mentre il tempo passa "con le stagioni a passo di giava" si ritrova, in primavera, a varcare il confine a lui sconosciuto. Per inciso, la giava è un ballo nato ed entrato in gran voga in Francia dopo la prima guerra mondiale, il cui nome deriva dall'isola omonima. Per avere un'idea del suo ritmo, si pensi ad una specie di misto tra una mazurkae un valzer viennese.


Poetar narrante



SEGUE LA STROFA che è marchiata a fuoco nell'anima di chiunque l'abbia ascoltata che "aveva il tuo stesso identico umore ma la divisa di un altro colore". Due uomini resi diversi e separati solo da un pezzo di stoffa, da onorificenze per altri morti in altre guerre di Piero. Le immagini usate lungo tutta la canzone sono di una bellezza lancinante ma queste, nella loro semplicità, se possibile, le superano. L'anima portata "in spalle" perché non si può andare in guerra avendola nel cuore e poi il nemico, esattamente uguale a te, con il "tuo stesso identico umore", solo "la divisa di un altro colore e mentre marciavi con l'anima in spalle vedesti un uomo in fondo alla valle". Che cos'è la guerra, se non un omicidio collettivo, di gruppo, una forma di brigantaggio tanto più infame quanto più estesa, un massacro a Cielo aperto. Come al tempo delle lance e delle spade, dei muscoli e scudi, elmi e cavalli, così anche oggi, nell'era dei missili e testate nucleari, ad uccidere, prima delle armi, è il cuore dell'uomo. Come dice il poeta Vincenzo Monti: "Dell'innocente sangue versato in scellerata guerra conta il Cielo le stille e le schernite lagrime tutte della stanca terra".

Non ho idea quali armi serviranno

per la terza Guerra Mondiale, ma la quarta

sarà combattuta coi bastoni e pietre


IL DOVERE IMPONE a Piero di uccidere il nemico e così si appresta a fare. Ha solo un breve pensiero, un'incertezza, un'esitazione, un impaccio d'amore, uno scrupolo, un tentennamento che gli costerà il sangue caldo che scorre nelle vene di Piero, un indugio sul come e magari anche sul perché sparare a quell'uomo in fondo alla valle? Perché uccidere quella persona che neanche sapeva cosa avesse fatto nella sua breve vita. Quest'incertezza gli sarà fatale, divenendo deleterio come un chiodo da catafalco questo sua impasse d'amore, di vita ardente, ed era maggio, nel frastuono colorato di un campo di papaveri rossi. Il nemico, uguale a lui ma con maggior paura in corpo, lo vede, spara e lo uccide senza neanche pensarci, quasi, viene da pensare, per puro istinto di conservazione. Ninetta mia morire di maggio, ci vuole troppo coraggio. Piero capisce subito di essere stato colpito a morte e sente, mentre cade a terra le forze venire meno, che il suo tempo dilegua rapido, non gli basterà nemmeno per "chieder perdono per ogni peccato". Muore così, con un pensiero alla sua Ninetta e con l'amaro dispiacere di morire di maggio, il fucile ancora in pugno e in bocca parole "troppo gelate per sciogliersi al sole". Ora dorme sepolto all'ombra e in compagnia di mille papaveri rossi, poco più in la un altro Piero, poi un altro ancora, poi poco più in la, un altro ancora. Un campo che apre tutto alla vita, ma fra i suoi arbusti nasconde morte di guerra, quel drago proveniente da tutti i mari glaciali, un'ultima Thule dove ogni desiderio sarà spento per sempre.
La guerra di tutte le guerre

Fratelli in armi
LA CANZONE NON EBBE un successo immediato, al punto che De André disse: "Quando uscì La guerra di Piero, rimase praticamente invenduta. Divenne un successo clamoroso solo cinque anni dopo, con il boom della protesta, con Dylan, Donovan e compagnia folk beat generation". S'incanalò nelle serie dei grandi successi mondiali, da lì, De André, spiccò il volo, artisticamente. E’ chiaro il riferimento dell'arrivo al successo delle canzoni di Dylan in Italia. Dylan in realtà aveva scritto “Blowin in the wind”, il suo manifesto pacifista, nel 1962, un anno prima della Guerra di Piero. Sono stati proposti e approfonditi richiami 19 (magari fortuiti) tra “La guerra di Piero” e una poesia, “Le dormeur du val” (L'addormentato nella valle), di Rimbaud e una canzone di Gustave Nadaud, “Le soldat de Marsala”. La poesia di Rimbaud, scritta nel 1870, descrive un giovane soldato immerso nella natura. Sembra dormire nel sole. Ha però due fori sul costato. È morto. Oltre all'analogia più generale, tematica, sono stati indicati tratti lessicali precisi, dallo stesso "giovane soldato" che "dorme" al "ruscello". Inoltre, anche nella poesia di Rimbaud il tono narrativo è interrotto da un'invocazione del narratore. Una canzone semplice, eppure topica proprio per la sua immediata comprensibilità, per la sua immediata cognizione. Come se quella di Piero, per spontanea creazione umana, fosse la guerra di tutte le guerre.

Jean Nicolas Arthur Rimbaud


"Le roi boîteux"
NON SAPPIAMO SE FABER conoscesse i versi rimbaudiani, probabilmente sì. Ma mentre la poesia suscita dispiacere per il soldato morto la canzone va molto oltre, sottolineando l'orrore e l'assurdità della morte tra "uguali" ma dalla divisa di diverso colore e questo non era tollerabile. Molto più vicina a "La canzone di Piero", appare la canzone di Gustave Nadaud, celebre chansonnier francese e autore di alcune memorabili canzoni a sfondo politico e sociale, tra queste la famosa "Le roi boîteux", ripresa e cantata anche da Georges Brassens, forse l'autore più amato da De André, anzi senza forse.