Era
un mondo adulto,
si sbagliava da professionisti |
Messico e nuvole,
la faccia triste
dell'America |
Pioggia
e nebbia delle
esotiche province
Come
mi vuoi,
cosa
mi dai,
dove
mi porti...
|
L'ALTRO MONDO, invece, si muove a passo di rumba, a volte rallentato nella malinconia del tango e splende di mare e di sole, di aromi e afrori, di cieli e di linguaggi più grandi e colorati dei nostri, di palmizi dondolanti di avventurieri e circumnavigatori. Due mondi che, a ben vedere, non sono mai nettamente separati. Sono anzi la loro interazione, il loro reciproco rilanciarsi a costituire l'originalità di molte delle più belle canzoni di Conte. Perché anche i testi più smaccatamente esotici, hanno il sapore amaro d'un sogno d'evasione o forse distrazione che nasce nel fondo della provincia, dai ricordi di focolai e polenta, castagne e vin brulè, e non sa veramente uscirne da questo mondo, a meno di un approdo nel solo luogo esotico di Conte che non è puro sogno: Genova. Genova tra i colori e gli odori bastano d'altronde a far ritrarre spaventato il sognatore di oceani e degli abissi, delle verdi milonghe in un quadro di piogge e nebbie. Pensare che anche le più chiuse, claustrofobiche "storie" della provincia vivono sospese vertiginosamente sulla eventualità di un'apertura esotica che è in attesa dietro ogni angolo, nell'ombra di qualsiasi cortile, fra le ombre di probabili mansarde, come fra i pertugi di una qualsiasi cantina, fra le canzoni di un mancato avvocato astigiano. Bop.
C'E'UNA PAROLA che meglio di altre contiene tutto questo: Mocambo.
Trovata geniale ché è difficile immaginare idea più provinciale e
di cattivo gusto di intitolare così un locale. Il che non basta però
a togliere alla parola una sua vera risonanza di mondi diversi e
grandi, un sentore infinito di caffè che va a convogliarsi in un
ritmo di rumba. È il luogo, il bar Mocambo, in cui due dimensioni si
mescolano e si confondono e rivelano d'essere una sola, in cui la
tristezza marron di un tinello e la gioia fulva di una pelle di
coccodrillo convivono, confinano si scambiano le parti, fino a ridurre
il vasto mondo a un catalogo di kitscherie e a restituire alla
piccineria provinciale una sua orgogliosa grandezza, come uno Sparring Partner, ma solo per amore. Nel 1979 i primi tre dischi di Paolo Conte avevano già ben delineato la strada che volevano percorrere, quella che porta alla Verde Milonga inquieta che offre accordi di tregua tra dita e tastiere, l'intreccio che fa vibrare lo stato passional y teatral in modo suggestivamente prodigioso. Di più non so.
Tristezza
marron tinello
Un
mondo di perline
colorate, ti darò |
NON E' UN CASO, QUINDI che una trasmissione radiofonica realizzata dallo
stesso Conte e da Diego Cugia andata in onda su Radio Uno in dodici
puntate abbia avuto il successo riscosso. La trasmissione nasceva infatti come un cocktail di situazioni tipicamente contiane e come un cocktail di personaggi che
ne erano l'incarnazione dei personaggi uniti dalla trama esile e
pretestuosa di una storia che, a risentirla oggi, sembra faccia il
verso agli intrecci di certe sconclusionate telenovelas dove,
nell'illusion, che tutto accada, nulla accade.
L’ORMAI
HA UN PROTAGONISTA, la storia. Si chiama Ezio Ormai. Ma si chiamava Ezio forse, Ezio riproviamoci, Ezio eventualmente e si chiamerà Ezio senza tregua. Tutti i nomi, cioè, del dubbio, della fatalità, alla ricerca del favoloso e contemporaneamente delle scelte rischiose e della caparbietà. È il padrone e gestore del Mocambo, ma questo non è che uno dei tanti Mocambi che ha già fondato e che fonderà, in ogni angolo del mondo e del tempo. Perché il Mocambo non è un locale, ma una vocazione, uno stile di vita, una dimensione, un'estensione del proprio egocentrismo, un pensiero fisso, il senso di una vita, un modello esistenzial, qualcosa di tropical e non può essere altrimenti per chi, come Ezio Ormai, è un vero mocambero.
io
sono qui, sono venuto a suonare, sono venuto ad amare,
e di
nascosto a danzare
odiavano
Dove sono i colleghi? |
il jazz
QUESTA SUA SAGACIA, QUESTA attenzione al particolare, la esercita soprattutto al mondo femminile. Come certi grandi misogini, sa tutto delle donne, anche se lui continua a dire che non le conosce e non le conoscerà mai, e non vive che per loro. E le donne, naturalmente, lo amano, come odiano il suo jazz, attratte da quel suo grugno di coccodrillo. Da ogni attimo del suo passato, dai luoghi più improbabili, donne dai nomi ancor più improbabili gli telefonano per rievocare e commuoversi, si capise, 80 primavere sono abbastanza per ricordare. Conte resta segreto e pudico, fino all’ultima nota, fino all’ultima rigo di pentagramma, mai biografie, niente confessioni. L’elissi preferisce, l'omissione di una frase, di un elemento sintattico che si sarebbe obbligati a sottintendere. Il mistero e i suoi testi, con l’andar degli anni, diventano sempre più sibillini e in Aguaplano (velivolo misterioso ma che gli sembra d’aver visto da qualche parte dell'oceano) offre tutto questo misticismo Bohèmienne all'Osteria dei Binari, fatto di parodie e alberghi tristi e luci che saettano sul volto pechinese della cassiera in un vortice di Boogie-boogie che lascia invorniti.
partiva...
DECOLLAVA!
Mi
avrai verde milonga inquieta che mi strappi un sorriso
di tregua ad ogni accordo mentre... mentre fai dannare le mie dita... |
Lasciateci
ai nostri
temporali
Paolo
Conte, il dandy ottantenne, tra
cinema, jazz ed enigmistica
|
QUEL MISTO DI VICINO e lontano, di affetto e disincanto che è proprio
anche della colonna sonora. Dove la rumba si alterna al valzer
inglese, Charlie Parker a Edith Piai, Duke Ellington a Zarah Leander,
le grandi orchestre americane ai Beatles, Song O bella mia piccinina.
Un gran cocktail anche qui, anzi un gigantesco bric-à-brac, che si
stringe e si chiude con coerenza attorno al mondo di Conte. Il quale
è presente nella trasmissione nella parte del personaggio più
defilato e solitario, apparentemente il più estraneo ai dialoghi e
agli abbozzi di storie che legano gli altri: il pianista del Mocambo. BOP. Quando lui parla, tutto il resto tace, e i personaggi sono come
risucchiati nell'ombra da una luce coi baffi. S'interrompe la finzione, la messa inscena artificiosa, tutto parlato in "alascano
all'addiaccio" inizia
una finzione più alta, una messinscena meno convenzionale di quelle a cui siamo abituati, sempre sull'orlo di importanti verità, ma
con l'aria pigra, volpina, di chi finge di non volersi far prendere
sul serio. È lui che tiene le fila, è lui il solo a saper tutto
degli altri personaggi. Ma su di loro è enigmatico, reticente,
preferisce lasciarli avvolti nel pudore di quel poco di mistero che
li fa interessanti. Tocca la tastiera con mani da burbero, e ha un
grande repertorio: le canzoni di Paolo Conte.