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ANDREA, NON TI SEI.. |
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... PERSO UNA CIPPA |
ANDREA
Pazienza. Andrea, irrazionale, supremo, assoluto, eccelso, inarrivabile, superiore, magico, solenne, unico, magnifico, estroso, notevole il suo dogmatismo. Oggi avrebbe 60 anni, se quel giorno, il 16 giugno 1988 a Montepulciano, non si fosse come sentito "spintonato" e ruzzolando giù dal burrone s'è fatto inghiottire dal dirupo oscuro che l'ha come sepolto assieme alla sterpaglia di varia composizione organica e non. Non ci provo neanche ad immaginare come sarebbe oggi Andrea, quasi l'idea m'appare una bestemmia, qualcosa che non quadrerebbe e lui di quadri se ne intendeva, no no. Andrea ha racchiuso in se gli anni '80 alternativi, fumettari e gogo', quelli che sotto le spalline delle giacche nere in pelle stile Punk Terzo Reich ci mettevano il rinforzo, per far vedere che avevi le spalle larghe come Brian Eno, oppure Ralf Hütter, il cantante dei Kraftwerk, band tedesca di musica elettronica formatasi a Düsseldorf nel '70, un po paranoici.
Il prezzo del Genio

COME
DIREBBE OGGI un
pubblicitario, un design o
un poeta, in Rete ce ne sono a pacchi, chi alle poste? Ma cos'ho
scritto? Parlando di Andrea, succede di perdersi, come capitava a
lui. E' lo stile Apaz, senza
filtri o reti di protezione, senza difese, privo di ogni sicurezza,
come un pargolo intuitivamente dotato andava incontro alla vita con
la sindrome di Pan sempre
attiva a mille nella mente. Questa nanotenia,
(così viene chiamata in psicanalisi il rifiuto di crescere) quella
situazione psicologica in cui si trova una persona che è incapace di
crescere, di diventare adulta, era qualcosa che apparteneva
mentalmente ad Andrea. Una condizione psicologica in cui rifiutava di
operare nel mondo "degli
adulti" (?) in
quanto lo riteneva ostile e per questo si rifugiava in comportamenti
e regole tipiche della fanciullezza. E se tutto questo ambaradan di
cose fosse il prezzo del suo genio? Cosa ne sappiamo noi? Si scrive,
si cerca di capire, ma la verità non la sapremo mai, come quando De
André quando canta che quando si muore, si muore soli. Gli altri
possono tutt'al più guardare. E di soppiatto.
Al
ritmo della
Santa Sangre
Santa Sangre
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E ringrazia che ci sono io, che sono una moltitudine |
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LIBIDO |
ANCHE LA DROGA
l'assumeva allo stesso ritmo della Santa Sangre e
dell'intuizione, ossia con fragile arrendevolezza e gracile
affaticamento vitale. Non cercava, nel suo profondo, quelle risposte
che sembrava aver trovato. Lo dimostra la noia che provava per tutti
quei collettivi sindacali, davvero pallosi quanto la forfora sul
paltò, o la saliera unta d'olio, sull'occupazione di questa o quell'altra sezione, giunta o sala universitaria - che palle! - del liceo o
università. Per Andrea, questo, come per me, ma questo non importa, era tutto tempo perso,
inutile, errabondo, pleonastico. Qualcosa che non centrava col suo di mondo, un cozzo di quelli che stridono come le rotaie di una volta. Questa era l'anima del Paz, la sua grandezza innocente. In lui c’era la dinamica del
rischio, l'esagerazione, l'eccedenza, l'eccesso d'energia, la
vitalità in sovrabbondanza, l’esplosione da tutti i pori della pelle, tenendo alta una capacità di captare linguaggi e segni con naturalezza idiomatica. Uno
così, ma come cazzo poteva vivere?! Non bene, non normalmente,
almeno. Le cose pratiche non gli appartenevano. Gli sfuggivano come
fa la repulsione col fascismo. Aveva quel minimo di praticità per
poter sopravvivere, solo che in un mondo come questo, se segui la
massima "la
giovinezza e questo perenne amare i sensi e non pentirsi", il
rischio è proprio quello in cui s'è imbattuto Andrea, due tratti,
un capolavoro.
DARSI
IN PASTO
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Non c'è bisogno di applaudirmi, so d'essere una moltitudine |
PER ANDREA, L'ARTE, significava
cogliere l'idea che fugge, il carpe diem. Ma non aveva certo problemi d'ispirazione, e lo dimostrava quando davanti a cento persone disegnava cavalli impazziti senza pensarci un secondo, un getto continuo di tratti per comporre una storia baroccca in pieno Medioevo. Era un continuo afferrare tutto finché ce la fai, fino a
scrivere le seguenti e ormai parole scolpite nella pietra per i
cultori di gadgettistica varia del Paz che si firmava: "MI
CHIAMO Andrea Michele Vincenzo Ciro Pazienza, disegno da quando avevo
18 mesi e so disegnare qualsiasi cosa in qualunque modo. Ho fatto il
liceo artistico, una decina di personali e nel '74 sono divenuto
socio di una galleria d'arte a Pescara. Dal '75 vivo a Bologna. Sono
stato tesserato dal '71 al '73 ai marxisti-leninisti. Io sono il più
bravo disegnatore vivente. Morirò il 6 gennaio 1984". Come un Keith Haring bolognese, da tutto ciò che li separa c'era la stessa frenesia di essere presente. Era molto vanitoso, da spaccare il deretano a Narciso, voleva essere quello che la diceva più ironica che profonda, e sempre le battute, erano un campo di battaglia dove il Paz faceva esplodere bengala da detonare. Forse
qualcosa di Andrea ci è sfuggito, in tutta la sua voracità nel
darsi in pasto alla famelica voracità delle altrui aspettative.
ANDREA è sempre stato giovane, dovunque si trovasse, Tango, il Male,
Frigidaire, Cannibale, nessuno lo prendeva sul serio, lo tradiva
sempre la sua impunita e acerba leggerezza dalla mano felice. Non
riusciva a fermarsi. Di notte capitava che s'alzasse per disegnare
fino all'alba. Era un atleta della fantasia. Correva tanto con la
testa e nelle sue bozze sparse, pur essendo amante della lentezza e
delle comodità. Non si può sentenziare con un liquidante "Se
l'è cercata" o "Se
l'è voluta", a
conti fatti sono i grandi che rimangono col piatto piangente. Uno script ritrovato nella sua casa di Bologna, un post it, con la sua calligrafia, ricordava al mondo: "Non
credo sia
necessario
dirvi quanto sia
importante la
vostra presenza". Quanto è vero che quel che ti è stato dato in dono, in qualche modo o misura. lo devi restituire tutto. E s'è ti è dato tanto, diventa un casino gargantuesco restituire tutto arrivando al finale in gran salute, un groviglio di fraintendimenti che scoppiano e lasciano detriti e segni da tutte le parti. Un complesso di cose davvero impenetrabile. Comprensibile, per chi ha vissuto appieno l'esperienza della droga nella sua essenza.
La
goffa
ribellione
PAZ
MUORE
il 16 giugno del 1988,
a 32 anni e il cielo si rabbuiò. Qualcuno d'irripetibile, ch'era
riuscito - per davvero - a raccontare l'Italia dei giovani irrequieti
e sognatori, quelli del Movimento del '77 e del terrorismo, del Dams, i calabresi, i pugliesi che studiavano e andavano a mensa all'università, i mercatini all'aperto di chi per strada ci
viveva, illusi idealmente quanto utopisti per mestiere, disincantati
per vocazione ed eroinomani per necessità. E noi di necessità, ne capiamo. La ribellione di una
generazione che, come scrisse Pier Vittorio Tondelli, non era stata
capace di credere veramente in nulla "se non nella propria
disperazione". Oggi avrebbe detto nella propria "distruzione" che poi è la stessa cosa.
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Ma vieni
qua... Tesoro MIO! |
Rivendico la mia
inaffidabilità
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Stavo pensando... |
"PERCHE' IL FREDDO, quello vero, sa essere qui, in fondo al suo (e mio) cuore di
sbarbo". Del resto, Andrea, il più underground e visionario dei
"fumettari", quello più avanti di tutti, con le antenne più irte di
tutti i ribelli degli anni Settanta, che incontra sui banchi di scuola Jacques
Prévert, poeta antiborghese, popolare e sperimentale infiltrato nei programmi
scolastici, cos'altro poteva fare questo ragazzino così straripante di talento
e di comunicativa? Povero Paz, non avevi proprio scelta. I sentimenti per te era roba aspra, non tepore marxista da vendere all'ora di cena, come certi insulsi agitatori.
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Ma come fanno gli altri? |
RIVENDICAVA A PIENO TITOLO, la sua completa inaffidabilità, senza che questo
dovesse generare malcontenti. Lui in fondo era onesto, ammetteva, per
natura, di non essere molto presente riguardo alla realtà e per non
dispiacere agli altri avvertiva chiunque che non poteva prendere
seriamente ciò che lui diceva o punteggiava: "Voglio
rimarcare la mia assoluta inaffidabilità". Io
dico che è molto meglio uno così, di uno\a che t'assicura di
telefonarmi e io l'aspetto in ansia, magari stando male, senza alla
fine aver ricevuto alcuna telefonata, con la complicità di decine di
persone che per non mettersi nei casini dicono, "adesso
non c'è", e
giù la cornetta, come a chiudere un canale. Ne è nato un monito
senza volerlo.
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Non
c'era mai poeticume nelle sue opere.
Era
sempre duro, ma duro come lo può essere un bambino
|
Rivolucion
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LA VENA PERSA E PERVERSA |
CIO' CHE PIU' affascina del Paz e che il Movimento politico dell'epoca
sbraitava per le piazze, le strade, ma a lui non gliene fregava un
beneamato cazzo, pur facendo sempre parte di quel habitat mentale:
"erano smargiassi, sembrava sapessero tutto loro", diceva
quasi scocciato, per poi rincarare la dose definendoli:
"i rivoluzionari del borghetto, ma che vadano a farsi
fottere". Uno
che sentiva un profondo bisogno di affetto, e allo stesso tempo così
spavaldo da passare per una persona volutamente antipatica, non
poteva stare zitto davanti alla vita che se ne andava. Ma
non voleva, non prendeva distanze da nessuno, neanche dai benpensanti
borghesi, non era stronzo in questo senso. Anzi, se c'era chi bagnava
di benzina lo straccetto nella bottiglia, preferiva prenderli per il
culo nelle sue tavole. Lui aveva altri giri per la testa, forse più
personali, vanesi, più deflagranti. Certo è che per uno che
sosteneva che Il segreto della giovinezza è averci la mente
porca, è dura fargli la predica di Marx e anche i dritti poi...
UNO CHE TREMAVA "come le
foglie in autunno" o un salice piangente che ha freddo d’affetto, ma
non riusciva a non andare controcorrente proprio là, nel suo ambiente, con i
suoi amici: "Prima di
fare fumetti, dipingevo quadri di denuncia. Erano tempi nei quali non potevo
prescindere dal fare questo o quello per questioni economiche, nel senso che
non potevo scegliermi quale lavoro fare. Per vivere facevo quel che
capitava, sempre attingendo dalla mia sorgente. Venni a sapere che i miei
quadri venivano comprati da farmacisti, commercianti, dentisti, che se li
mettevano in camera da letto. Pensai che erano pazzi. Alcuni, addirittura, ho saputo che li mettevano anche nello studio di lavoro. Roba da matti. Il fatto che
il quadro continuasse a pulsare in quell'ambiente così diverso dal mio, mi sembrava, oltre che una
contraddizione, che però ci stava nel mio percorso, poteva essere! Da qui la necessità
infinita di confondermi e nascondermi in essi".
Amava tutto
Amava tutto
imprevedibilmente
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HAI BISOGNO? |
"Andrea Pazienza è riuscito a rappresentare, in vita, e ora anche in morte, il destino, le astrazioni, la follia, la genialità, la miseria, la disperazione di una generazione che solo sbrigativamente, solo sommariamente chiameremo quella del '77 bolognese"
Pier Vittorio Tondelli
ALTEZZE
APOGEE
C'ERA PAURA DEL TERRORISMO, l'eroina inquinò parecchi quartieri e colpì i migliori, fino ad arrivare alle città centrali come Verona e Milano. Ho sempre pensato che un modo per schiacciare, ammaccare e umiliare queste nuove leve dello stato dell'arte ad un'altezza apogea, vertiginosa, non desse poi tanto fastidio una bella ondata d'eroina in tutto il Paese incasinato con i terroristi che facevano, ma non capivano cosa, per mettere fuori gioco chi rompeva i coglioni con la loro arte o creatività che alimentavano le voci dei movimenti giovanili, dei centri sociali che dettavano il "la" su cui gli artisti poi elaboravano, per dar vita a frasi del genere: "La realtà è sempre nuda, basta questo per capire che razza di zoccola è", oppure: "Il segreto della giovinezza è averci la mente porca", anche "Mai tornare indietro, neppure per prendere la rincorsa". Andrea s'era perso nella normalità e non accettandola, teso com'era a prosciugare il momento per sua natura, il carpe diem Omeriano, un Guest house di persone giuste, si complica tutto senza dar fastidio a nessuno, o a quei pochi che aveva rimasto, del proprio declino senza rompere i coglioni agli altri, in un modo o nell'altro si è superato spesso.
C'ERA PAURA DEL TERRORISMO, l'eroina inquinò parecchi quartieri e colpì i migliori, fino ad arrivare alle città centrali come Verona e Milano. Ho sempre pensato che un modo per schiacciare, ammaccare e umiliare queste nuove leve dello stato dell'arte ad un'altezza apogea, vertiginosa, non desse poi tanto fastidio una bella ondata d'eroina in tutto il Paese incasinato con i terroristi che facevano, ma non capivano cosa, per mettere fuori gioco chi rompeva i coglioni con la loro arte o creatività che alimentavano le voci dei movimenti giovanili, dei centri sociali che dettavano il "la" su cui gli artisti poi elaboravano, per dar vita a frasi del genere: "La realtà è sempre nuda, basta questo per capire che razza di zoccola è", oppure: "Il segreto della giovinezza è averci la mente porca", anche "Mai tornare indietro, neppure per prendere la rincorsa". Andrea s'era perso nella normalità e non accettandola, teso com'era a prosciugare il momento per sua natura, il carpe diem Omeriano, un Guest house di persone giuste, si complica tutto senza dar fastidio a nessuno, o a quei pochi che aveva rimasto, del proprio declino senza rompere i coglioni agli altri, in un modo o nell'altro si è superato spesso.
AUGURI PAZ!
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PRIMAVERE
PAZ E' VERAMENTE perduto, quasi smarrito tra l'amenità dei colli toscani, seppur fantastici, ma si può piangere anche al carnevale di Rio, ma quasi tutti lo ignorano. Ammogliato, con due cani da portare a spasso.
Sciapò,
Paz
VITA SANA, TIRO CON L'ARCO casa, famiglia, un’innocente cannetta, ma nell'idillio
apparente c'è qualcosa che stona. Lui stesso appare convinto fino ad
un certo punto della nuova condizione in cui si ritrovava: "Ora
che vivo in campagna come un cretino non sono più depresso, come
l'oblio, un ascoltarsi come un parlarsi" scrive nel testo
che conclude il mistico "Pompeo" e sfido chiunque neghi che
quel testo sia eccessivamente spirituale. C'era lui, solo lui, e lui
quando schiattò, lo percepiva, come quando senti una pera in modo
impertinente salire, troppo prepotente, t'aspettavi una combinazione
dei sensi diversa.
ISTINTIVO, DOMESTICO, pronto a farsi
attraversare da tutto come a cercar rifugio fra le sue mura di casa,
Pazienza viveva la sua gioventù nel segno di Pan. L'eterno
ragazzo, il compagno di scuola, il Dandy
attentissimo
alle mode del tempo (intesa come linguaggio ma anche non) e alla cura del proprio
corpo inteso anche nel senso sensoriale. Una
"Fashion-victim",
sia
per come si vestiva, con estro audace, mai banale, sia quando
arrivava per disegnare una tela davanti a mille individui in modo
snob e sfizioso, quasi ignorava chi lo guardava, come un senso di disgusto, consapevole che non stava vendendo arachidi o
lupini, e loro lo guardavano ridendo. Andrea mostrava arte, quell'invenzione avventurosa che ti
prende al plesso solare per un "po", non lana di pecora. Capre! I più bravi e
fortunati sono coloro che riusciranno, umilmente arrivare in salute
al gran finale, cioè i più malconci. La sintesi al plesso solare (lo sterno) del Paz era:
"E
ringraziate che ci sono io, che sono una moltitudine" ricordava al palazzo della Storia, perché questa maldestra cosa di dimenticare sempre per convenienze, lo ha sempre fatto incazzare parecchio.