mercoledì 17 maggio 2017

La guerra di Piero


VEDESTI UN UOMO
IN FONDO ALLA VALLE...

La guerra

di Piero



       di Matteo Tassinari
Beata è la guerra,
chi la fa e chi la decanta,
ma più beata ancora è
la guerra quando è santa
(Rino Gaetano)
LE CANZONI HANNO UN SENSO non perché possano evitare le guerre: non è facendo canzoni contro i conflitti bellici che si eviteranno le guerre.  Tuttavia esse entrano a far parte del patrimonio culturale di un popolo, sono parte della coscienza, se non altro a livello subliminale. Dunque può essere un deterrente. Non vi è dubbio: "La guerra di Piero" è una delle più famose canzoni scritte in Italia contro la guerra, entrata a pieno titolo e, come tale, nelle antologie e nel patrimonio della nostra cultura. Fabrizio De André ne era particolarmente soddisfatto, anzi scriverei più che entusiasta della canzone, anche se temeva i relativi effetti di "imbalsamazione". Cioè? Argomento acuto e pulsante per De André quello della imbalsamazione culturale e immaginifica. Ha sempre pensato che uno comincia a scrivere per divertirsi e divertire e comunicare agli altri. Se ha culo, addirittura lo istituzionalizzano, così invece di rimanere un cantautore, una persona normale, finisce per essere una cosa che si va a vedere poi al Museo Egizio di Torino. T'imbalsamano. Fabrizio De André, in un'intervista a Vincenzo Mollica del TG1, scombussolò le menti di non pochi borghesi e benpensanti.



Un modo per
imbalsamarti

Questo nostro mondo è diviso
in vincitori e vinti, dove i primi
sono tre e i secondi tre miliardi.
Come si può essere ottimisti?

"Un modo per imbalsamarti è quello di mettere una tua canzone, magari su un'antologia scolastica. Non dico che non ci tengo, perché anch'io ho il mio amor proprio, anch'io sono un piccolo borghese, e in qualche misura mi hanno pure istituzionalizzato, quindi figurati se non ci tengo. Però c'è il rischio di rimanere ingessati, impalcati in figure che senti non corrisponderti. E questo arreca fastidio". Un tema, da sempre molto caldo per Fabrizio, quello d'essere libero da ogni condizionamento culturale o anche solo intellettuale, dove lo spazio per sparare cazzate è maggiore. L'importante per lui era avere il proprio distacco da tutto, dalle bollette, le file, le visite, il mostro della burocrazia, affinché ognuno abbia integra la propria libertà. Biagio Buonomo, uomo di grande cultura e acutezza intellettuale e scrittore oltre che autore del libro: "Fabrizio De André. Le storie, la storia questa canzone", costituisce il vertice più alto della poesia deandreiana, insieme, a "Crueza de mà", dove il mescolio di dialetti e note e strumenti mediterranei, odori e visioni, si accavallano fra di loro fino a formare un incantevole arco vitale. Non per niente fu quella che fece nascere in Fernanda Pivano il desiderio di conoscerne l'autore per poi innamorarsene e viceversa da parte di De André. Da qui nacque la collaborazione sui testi di Edgar Lee Master e una sorta di collaborazioni coi poeti della Beat Generation.

FABER AVEVA AFFRONTATO il tema della guerra in modo molto diretto già con Laballata dell'eroe”, ma è solo con La guerra di Piero” che riesce a colpire nel segno. Tant'è che le due canzoni verranno proposte nel 1964 in uno stesso 45 giri. La ballata nasce dalle storie raccontate al piccolo Fabrizio dallo zio Francesco che aveva fatto la campagna d'Albania e poi, preso prigioniero, aveva trascorso due anni in un campo di concentramento a Mannheim correndo anche il rischio di passare per il forno crematorio. Da quella esperienza non era riuscito a riprendersi mai più e quel poco che ne raccontò, di malavoglia, su sollecitazione di Fabrizio e del fratello Mauro, bastò per lasciare un segno profondo e indelebile nell'animo dei due ragazzi.

Te ne vai triste

come chi deve...


A volte penso che le ferite
peggiori che infligge la guerra,
non sono quelle ricevute
sui corpi, ma quelle che
rimangono nella mente

LA CANZONE RACCONTA di un ragazzo di nome Piero che deve lasciare i suoi campi, le sue bestie, la sua fattoria d'inverno, la sua famiglia, per avviarsi con passo già stanco verso la guerra, con l'animo di chi è costretto a farla "te ne vai triste come chi deve..."Punto di riferimento stilistico è sempre quello di Georges Brassens, il chansonier francois, l'uomo che lo ha sempre stregato coi suoi ritmi da marcetta anarchica che colpiva con sarcasmo ed ironia, lucido e puntuale. Versi colti come rose e girasoli "costretti" a guardare il sole, tanto a loro il sole non gli fa male agli occhi. A nulla valgono le voci dei morti in battaglia: "chi diede la vita ebbe in cambio una croce" che gli dicono di fermarsi. E così, mentre il tempo passa "con le stagioni a passo di giava" si ritrova, in primavera, a varcare il confine a lui sconosciuto. Per inciso, la giava è un ballo nato ed entrato in gran voga in Francia dopo la prima guerra mondiale, il cui nome deriva dall'isola omonima. Per avere un'idea del suo ritmo, si pensi ad una specie di misto tra una mazurkae un valzer viennese.


Poetar narrante



SEGUE LA STROFA che è marchiata a fuoco nell'anima di chiunque l'abbia ascoltata che "aveva il tuo stesso identico umore ma la divisa di un altro colore". Due uomini resi diversi e separati solo da un pezzo di stoffa, da onorificenze per altri morti in altre guerre di Piero. Le immagini usate lungo tutta la canzone sono di una bellezza lancinante ma queste, nella loro semplicità, se possibile, le superano. L'anima portata "in spalle" perché non si può andare in guerra avendola nel cuore e poi il nemico, esattamente uguale a te, con il "tuo stesso identico umore", solo "la divisa di un altro colore e mentre marciavi con l'anima in spalle vedesti un uomo in fondo alla valle". Che cos'è la guerra, se non un omicidio collettivo, di gruppo, una forma di brigantaggio tanto più infame quanto più estesa, un massacro a Cielo aperto. Come al tempo delle lance e delle spade, dei muscoli e scudi, elmi e cavalli, così anche oggi, nell'era dei missili e testate nucleari, ad uccidere, prima delle armi, è il cuore dell'uomo. Come dice il poeta Vincenzo Monti: "Dell'innocente sangue versato in scellerata guerra conta il Cielo le stille e le schernite lagrime tutte della stanca terra".

Non ho idea quali armi serviranno

per la terza Guerra Mondiale, ma la quarta

sarà combattuta coi bastoni e pietre


IL DOVERE IMPONE a Piero di uccidere il nemico e così si appresta a fare. Ha solo un breve pensiero, un'incertezza, un'esitazione, un impaccio d'amore, uno scrupolo, un tentennamento che gli costerà il sangue caldo che scorre nelle vene di Piero, un indugio sul come e magari anche sul perché sparare a quell'uomo in fondo alla valle? Perché uccidere quella persona che neanche sapeva cosa avesse fatto nella sua breve vita. Quest'incertezza gli sarà fatale, divenendo deleterio come un chiodo da catafalco questo sua impasse d'amore, di vita ardente, ed era maggio, nel frastuono colorato di un campo di papaveri rossi. Il nemico, uguale a lui ma con maggior paura in corpo, lo vede, spara e lo uccide senza neanche pensarci, quasi, viene da pensare, per puro istinto di conservazione. Ninetta mia morire di maggio, ci vuole troppo coraggio. Piero capisce subito di essere stato colpito a morte e sente, mentre cade a terra le forze venire meno, che il suo tempo dilegua rapido, non gli basterà nemmeno per "chieder perdono per ogni peccato". Muore così, con un pensiero alla sua Ninetta e con l'amaro dispiacere di morire di maggio, il fucile ancora in pugno e in bocca parole "troppo gelate per sciogliersi al sole". Ora dorme sepolto all'ombra e in compagnia di mille papaveri rossi, poco più in la un altro Piero, poi un altro ancora, poi poco più in la, un altro ancora. Un campo che apre tutto alla vita, ma fra i suoi arbusti nasconde morte di guerra, quel drago proveniente da tutti i mari glaciali, un'ultima Thule dove ogni desiderio sarà spento per sempre.
La guerra di tutte le guerre

Fratelli in armi
LA CANZONE NON EBBE un successo immediato, al punto che De André disse: "Quando uscì La guerra di Piero, rimase praticamente invenduta. Divenne un successo clamoroso solo cinque anni dopo, con il boom della protesta, con Dylan, Donovan e compagnia folk beat generation". S'incanalò nelle serie dei grandi successi mondiali, da lì, De André, spiccò il volo, artisticamente. E’ chiaro il riferimento dell'arrivo al successo delle canzoni di Dylan in Italia. Dylan in realtà aveva scritto “Blowin in the wind”, il suo manifesto pacifista, nel 1962, un anno prima della Guerra di Piero. Sono stati proposti e approfonditi richiami 19 (magari fortuiti) tra “La guerra di Piero” e una poesia, “Le dormeur du val” (L'addormentato nella valle), di Rimbaud e una canzone di Gustave Nadaud, “Le soldat de Marsala”. La poesia di Rimbaud, scritta nel 1870, descrive un giovane soldato immerso nella natura. Sembra dormire nel sole. Ha però due fori sul costato. È morto. Oltre all'analogia più generale, tematica, sono stati indicati tratti lessicali precisi, dallo stesso "giovane soldato" che "dorme" al "ruscello". Inoltre, anche nella poesia di Rimbaud il tono narrativo è interrotto da un'invocazione del narratore. Una canzone semplice, eppure topica proprio per la sua immediata comprensibilità, per la sua immediata cognizione. Come se quella di Piero, per spontanea creazione umana, fosse la guerra di tutte le guerre.

Jean Nicolas Arthur Rimbaud


"Le roi boîteux"
NON SAPPIAMO SE FABER conoscesse i versi rimbaudiani, probabilmente sì. Ma mentre la poesia suscita dispiacere per il soldato morto la canzone va molto oltre, sottolineando l'orrore e l'assurdità della morte tra "uguali" ma dalla divisa di diverso colore e questo non era tollerabile. Molto più vicina a "La canzone di Piero", appare la canzone di Gustave Nadaud, celebre chansonnier francese e autore di alcune memorabili canzoni a sfondo politico e sociale, tra queste la famosa "Le roi boîteux", ripresa e cantata anche da Georges Brassens, forse l'autore più amato da De André, anzi senza forse. 

mercoledì 3 maggio 2017

La creazione dell’AIDS


La seconda spiacevole verità è che l'Aids,
come 7 secoli fa la peste, le popolazioni
indigene d'America, è un frutto avvelenato
della globalizzazione. I microbi non pagano
dazio e non s'arrestano alle frontiere
SILENZIO ASSOLUTO SUI MORTI
PER AZT NEL MONDO

Prima dell'Aids


"Uno strepitoso Matthew McConaughey nei panni
di un malato di Aids  in "Dallas Buyers Club
 La colonna

immonda

 di Matteo Tassinari 



Aids

punizione divina?


No, diabolica




Umiliazioni
CHE COSA DIRESTI A CHI CONSIDERA L'AIDS UNA PUNIZIONE DIVINA? Niente. Perché quel pover'uomo è già stato fulminato. Dio l’ha punito infettandolo con un pensiero così malsano, impietoso e spietato, che non gli renderà la vita facile perché così lui vuole. Com'è immorale che nel 2015, quindi 20 anni da quando sono stati scoperti i primi farmaci utili ed efficaci, e ancora popoli interi sono decimati dall'Aids perché non hanno accesso ai medicinali anti retro virali e vivono in condizioni di assoluta indigenza ed estrema povertà di ogni genere. 

UN GRANDE PRETE che ho conosciuto per 30 anni e più, don Oreste Benzi, un sacerdote che andava a raccogliere le prostitute alle 3 di notte per portarle in strutture case famiglia allestite dalla Papa Giovanni XXIII di Rimini, disse: "Al povero non va dato ciò che è possibile a noi, ma ciò di cui lui ha bisogno". Un amore d'altri tempi, affetto d'amicizia, e ammirazione, attaccamento e attrazione, desiderio d'avventura, legame con gentilezza e troppa abbagliante bellezza e ricchezza di affetto, NON UN'AMICIZIA DA SOCIAL NETWORK. Un capolavoro della carità umana.


L'AZT ha fatto bene solo a chi lo ha venduto.

Ma sono cose da non dire
QUANTE NE HA SALVATE E QUANTI RAGAZZI, persone di ogni caverna o tribù metropolitana, ha salvato! E pochi a Rimini ne parlano. Rimini del resto è Rimini, oggi muore un tuo amico e domani sei al bar con la panza gonfia di stuzzichini e cocktail fumantini. Di un uomo così, si dovrebbe prendere più seriamente quello che ci ha dispensato, trasformando spesso angheria, disonestà, immoralità, in bene, equità e purezza. E del resto non me ne frega poco di quello che pensano bigotti e avari, ma colmi di se stessi e dei loro vizi segreti, per poi ritrovarsi diverse volte con anziani di 70 anni in reparto Infettivi. Ma cazzo fanno, vanno a trans a 70 anni? Sarò moralista, ma questo a me fa schifo. Del resto Pier Paolo Pasolini diceva: "Il moralista dice di no agli altri, l'uomo morale solo a se stesso". L'indignazione morale è in molti casi al 2%, la morale, in pratica, non esiste. Al 48 per cento si parte con l'indignazione e al 50% l'invidia, ben impastato d'ipocrisia degenere e aberrante di farneticazioni.


Cartello Big Pharma
UNA DINAMICA DI UMORI CHE vanno dalle stelle per poi scendere nel fango nell'arco di 2 ore. Un movie costellato dal dolore e rabbia, morte e resurrezione, speranza e fallimento. Una battaglia per il diritto alla vita che potrebbe toccare tutti. Solo allora v’incazzerete veramente, cioè quando il malato di Aids si sarà rotto i coglioni perché sarete voi o vostro figlio, il problema sorgerà solo allora. Esperienze assai amare. Cicuta per dessert? No, solo detrtiti chimici Big Pharma, il cartello potentissimo che riunisce in se tutte le più grandi multinazionali del farmaco, ovvero la lobby che detiene il monopolio delle cure sulla nostra salute. Per Big Pharma quindi le malattie croniche rappresentano una vera manna dal cielo poiché come noto lo scopo dichiarato delle Corporations non è aiutare il prossimo ma incassare guadagni. Di conseguenza, per le multinazionali produrre un farmaco a basso costo che sia realmente efficace in modo definitivo non si rivela mai un buon investimento.

Non ti dà un po' sui nervi sentire quelli che parlano
di curare i malati mentre sventolano il loro Rolex?
Cosa ne sanno di come si trattano i malati di Aids?




GIORNALISTI ACRITICI, con la cravatta, ehi, siamo la stampa, press, 

fate passare prego. Senza penna, privi di potere contraddittorio perché ignoranti della 

patologia e del mondo, che dai primi anni dalla scoperta di Jean Luc Montagnier 

immunologo, biologo, virologo e professore  all'Istituto Pasteur di Parigi, si sono dati 

battaglia a chi scriveva la cazzata più  grossa, tanto cosa vuoi che capisca il lettore di Aids? 

Siamo incrostati da quella visione manzoniana degli untori, una visione ingenua e carica 

di moralismo paranoico manzoniano. Ignoranza allo stato grezzo, come il diamante. Tutto 

quel mondo che può renderti la malattia più leggera o può caricarla di un ulteriore peso o 

sofferenza inevitabile e forse per questo ancora più intollerabile. Una sofferenza 

impenetrabile, arcana, fumosa, inaccessibile, insuperabile, invulnerabile, resistente, 

impermeabile, enigmatica, fitta e folta di rompicoglioni, soprattutto per chi più da 30 

anni  passeggia a fianco di un virus che porta morte. Ma come è possibile vivere così? 

MA IL VANGELO APOCRIFO (non riconosciuto dalla Chiesa) di Tommaso quando dice: "Beato l'uomo che ha sofferto: egli ha trovato la vita!". Carne avvezza a soffrire, dolore non sente. E poi che è la sofferenza? Io non sono sicuro di cosa sia, ma so che la sofferenza è il nome che diamo all'origine di tutti i sospiri, le urla e i gemiti, piccoli e grandi, rozzi e multiformi, che ci affliggono. È una parola che definisce il nostro sguardo ancor più di ciò che stiamo contemplando. E Dio soffre con me, non si limita a guardarmi da lontano i periodi di ricovero. Porca puttana. Poi penso: la è il male minore, ciò che ti annienta è uno specchio senza la tua immagine, quello è l'orrore. Ma si guarisce da una sofferenza solo a condizione di provarla pienamente, non lasciarsi spazi inesplorati. E' strano quello che scrivo, me ne rendo conto pure io, solo arrivando a certi punti, canto la mia canzone, "Ho vista Nina volare" di De André, tacendo. Ed i sentimenti virtuosi nascono spontaneamente sul terreno fertile della sofferenza.
I FEROCI ANNI '80,
il decennio insulso
FATE UNA PROVA con voi stessi. Come reagireste se sapeste che il cuoco del vostro ristorante preferito ha l’Hiv? O la tipa che fa ginnastica proprio vicino a voi è stata ricoverata per una settimana in ospedale agli Infettivi? O la maestra di vostro figlio è sieropositiva? Poi, improvvisamente, salta fuori un film geniale, illuminato, ispirato, girato con autentica e grande cognizione di causa, capace di toccare profondità umane oceaniche, quindi abissali. L'Aids è un abisso, un burrone, un precipizio, ma "Dallas Buyers Club”, senza percorrere la deriva del ridicolo, pur affrontando il dramma con l'ironia umana del quotidiano, che costringe a ridere anche dei propri lamenti del giorno prima. Bisogna saper giocare bene all'altalena, perché l'Aids costringe la persona ad alti e bassi, come fosse una pallina del flipper. “Dallas Buyers Club”, del regista Jean-Marc Vallée, porta il pubblico al peggio della crisi dell'Aids, i primissimi anni bui, quando si continuava ad andare avanti perché non c'erano alternative, dove la malattia era una condanna firmata a morte, con terrore e ostilità. Senza ombra di dubbio, è il miglior movie del 2013, ed il miglior film da sempre sull'Aids.


La realtà crudele



IL PORCO RONALD
117 MINUTI esplorativi di un periodo sconosciuto, capito troppo poco perché se ne ha paura, una pellicola che rende il punto fedelmente di tutte le inquietudini che si viveva durante i primi anni '80. Lasso di tempo foriero di gag, diktat, dettami, comandi, direttive, norme, regole, delibere, polizia, 118, Pronto soccorso, flebo, prescrizioni mediche, direttive, disposizioni per una dura condizione non negoziabile, regolamenti draconiani, umiliazioni, queste e altre sono le limitazioni che hanno vissuto in modo particolare i primi malati di Aids, quando averlo nel sangue non si capiva cosa potesse succedere. Un mondo a parte, che pochi conoscevano, ma alcuni già lo vivevano. Prima lo chiamavano Htlv3, poi Htl e basta, fino a giungere al semplice Hiv di oggi, pensando che riguardasse gente "strana" (omosessuali). La realtà è assai diversa e infelicemente molto più crudele. Timorosamente, la gente leggeva sui giornali di un nuovo virus che succhiava il sangue come un vampiro per infettarlo fino a morte raggiunta. A quel punto, l'Hiv, con natura assolutamente trasversale, intaccava tutte le parti più sensibili del corpo. I giornali erano felicissimi nello sbraitare: "La morte del secolo", "L'epidemia del Pianeta", "Pandemia totale" e giù corsivi incompetenti del secolo. Sguazzavano nel fango come il Titanic prima di affondare, andando a nozze con la gente che non s'accorse di non sapere nulla, abbindolata dalla disinformazione dei media, anch'essi coinvolti per interessi di bottega o per seguire la linea editoriale dettata dal direttore o chi per lui, introiti pubblicitari che condizionavano le notizie. I cosiddetti rivoli e margini di profitto che ha offerto l'Aids ai professionisti del settore sono tutt'ora incalcolabili. Si dice che sia il business più redditizio dopo il commercio della droga e delle armi, poi c'è l'Aids coi suoi farmaci anti retro virali che costano per un mese ben 2500 euro a singolo. Un virus benedetto da pochi, i soliti Giuda con la cravatta e i Rolex al polso. La ricerca di un vaccino, non è ben desiderata da Big Pharma, in quanto ci sono medicinali dai costi esorbitanti da smerciare, e bisogna svuotare prima i magazzini, poi si può vedere cosa s'intende per vaccino, questa è la posizione di Big Pharma. Tutto ciò, non farà altro che ritardare i tempi, cioè morti, morti e morti. 

Cose che a me non riguardano


Basta per favore!

Nella loro natura puttana
LA GENTE PARLAVA, e pensava, proprio in questi termini. "In fondo sono cose che a me non riguardano" e oggi ci ritroviamo con i reparti infettivi colmi di 70enni malati di Aids conclamato con moglie, nipotini e prole a carico che ti guardano con volto burbero e dubbioso, come se a loro l'Aids l'avessero preso giocando con le farfalle, perché non era vero, dicevano, che erano andati a puttane, non potevano dirlo per la moglie i parenti, amici, e il condominio? Prima di tutto la reputazione, a costo della verità. Spettacolo raccapricciante. Pesante per mogli, figli, amici, ma vedere la faccia di quelle persone che pur di non dire ch'erano andate a puttane o trans, s'arrampicavano sugli specchi sparando improbabili giustificazioni a cui nessuno crede e credeva. Nella loro immane e sconsolata tristezza oltreché deprimente condizione, era penoso sentire il pesante silenzio di questi 60enni che cercavano di discolparsi in tutti i modi, rendendo ancora più scabroso e umiliante il loro status. Gente che non avrebbe mai pensato di ritrovarsi in quelle posizione. Micidiali i tentativi d'inventare incredibili falsità, pur di non ammettere d'aver avuto rapporti sessuali, piuttosto avrebbero giurato di aver visto un cavallo volare. Pantomine ardue e sgraziate che ad ogni parola in più, il "disonore" e il turbamento aumentavano senza misura e la verecondia, caratteristica di chi rifugge da ciò che offende il pudore, è alle stelle. Si nega la frequentazione di puttane trans e qualsiasi animale. L'Italia, Paese delle domande di riserva, si diceva. Ma queste sono domande che possono portare altre morti, non è Monopoli.


COME QUELLA canzone di Fabrizio De André, quando un professore in età avanzata di giorno punta il dito contro la puttana denigrandola pubblicamente come pubblica moglie assieme agli amici, però, la notte, sarà lei a stabilire il prezzo delle sue voglie. Metafora per dire come sono poveri e umani i meccanismi che animano le anime. Comportamenti viscidi, inaccettabili, ma anche teneri, graziosi nella loro intima natura puttana, nel loro primo e intimo risveglio malato, trattandosi di un amore fra gente che vive abbarbicata a flebili speranze e dolorose notizie che il tempo rende, senza pensare che il tutto sia una tortura! Sono gli anni dalle spalle larghe, quando nelle giacche i sarti mettevano cuscini per fare, appunto, le spalle larghe. Mai capita 'sta moda dall'aria nazista, sembrava il look della Gestapo. Sono i primi anni 80, quando le creste di gallo a Londra non si contavano tante erano durante i primi anni di Aids, quando si diceva che a prenderlo erano solo i "froci", persone che morivano molto lentamente e menavano una vita "perversa" e "anormale". Aspetto brutale, l'essere destinati alla deriva e all'impotenza combinata alla paura vera, scoprire, giorno dopo giorno che gli arti non rispondono più e capisci che qualche cosa di inaccettabile, diverso da tutto quello che avevi visto fino ad allora s'avvicina e s'inizia a contare tutto, senza drammi, ma succede. Così ci sarà l'ultima doccia, l'ultimo pranzo, l'ultima sigaretta, l'ultima volta che vedi una persona e non lo dici ma lo sapete entrambi, l'ultima mail inviata, l'ultima cavalcata, l'ultimo vestito e così tutto diventa ultimo per cause di forza maggiore.
Ed Harris nel Movie "LE ORE"
diretto da Stephen Daldry

L'AIDS è LA MALATTIA del peccato, per la gente "comune". Non si riesce a capire, perché, come tutte le malattie anche l'Aids è un tempo per vivere, non un modo di morire. Provate voi a pensare, ad esempio se un sieropositivo dicesse a qualcuno la propria condizione. Quello andrà col pensiero ad una trasgressione, ad una vita dubbia, ambigua o quanto meno equivoca e state certi che sarete depennati dalla sua agenda. Certo, perché esistono abitudini che è più onorevole trasgredire che seguire. Mentre puoi dire a tutti che hai messo su un By pass al cuore per riscuotere melense rassicurazioni sul fatto e stucchevoli piagnistei svuotati di pietà. Poco male. I sammaritani del 2000 mi spaventano.

UN LETO IN STATO DI GRAZIA, anch'egli chiamato ad interpretare Rayon. Solo un mese prima dall'inizio delle riprese, si è calato in modo clamoroso nella parte di un transessuale, indossando i vestiti del suo personaggio per tutto il periodo di registrazione, pause comprese, mensa, in bagno, talvolta anche dopo il set o al cinema. A pisciare si metteva a sedere sulla ciambella, tutto doveva essere fatto come fanno le donne., per acquisire maggior convinzione della sua femminilità. “Se dovevo pisciare - conferma Leto - mi sedevo sul water come fanno le donne. Questo comportamento mentale rapportato a tutti i momenti della giornata, mi ha dato una certa sicurezza, visto che non avevo mai fatto  ruoli femminili. Cercavo di scovare il mio lato femminile e gonfiarlo fino all'esplosione. Vivevo da donna, in modo spropositato, proprio come fanno i transessuali, che amplificano i comportamenti femminei in modo eccessivo, volevo far luce soprattutto ai lati delle donne in contesti disperati”. Leto è Rayon, trans malato terminale di Hiv e volontario per testare nuovi farmaci e vedere gli eventuali effetti collaterali. Una cavia, una persona che ha messo a disposizione della chimica il proprio corpo per pochi dollari. Qui, in un ospedale dei tanti, incontra il socio in affari farmacologici Matthew Mcconaughe e insieme costituiscono il "Dallas Buyers Club", dove migliaia di sieropositivi andavano a curarsi anzichè affidarsi ai presidi ospedalieri e camici bianchi volanti.
Sto da Dio sui tacchi
PERSONAGGIO che ha richiesto una dieta che ha ridotto l'attore, già magro di suo, ben quindici chili in meno. "Rayon mi ha affascinato subito. Ha cuore, testa (quando è lucida). E' divertente, educata, provocante. E poi… sto da Dio sui tacchi! Avevo un’idea precisa del ruolo. Un uomo che vuole vivere come donna, non una drag queen, non un cliché, ma una persona reale con sentimenti uguali. Ci sono dettagli che aiutano a farti sentire subito più donna. Un rossetto, il colore della parrucca o indossare calze in rayon coulisse con nappe. Depilato è davvero una strana sensazione quella delle gambe che si toccano, si sente tutto in maniera differente. Interpretare Rayon è stato un grande impegno emotivo, spirituale e fisico. Penso che un po’ di sofferenza non fa male e le cose grandi nascano dai grandi sacrifici” ancheggia l'autore del miglior transessuale hollywoodiano. Niente a che vedere con "Priscilla, la Regina del deserto" o "Transamerica". I cinefili, o più semplicemente chi va spesso al cinema, penso abbia capito la sostanziale differenza.
La feroce mortalità

di quegli anni


La sgradevole verità è che l'Aids, come sette secoli fa la peste e le malattie infettive euroasiatiche che sconvolsero e quasi distrussero le popolazioni indigene d'America, è un frutto avvelenato della globalizzazione. I microbi non pagano dazio e non s'arrestano alle frontiere. Per questo tanta paranoia spesso in giustificata, altrimenti sarebbe l’ennesima epidemia citazioni africana all'insaputa di tutti per la mancanza d’informazioni utili, la superficialità epidermica del volgo penserà a fagocitare il resto. L'establishment politico in generale non ha mai fretta, e racconta come l'epidemia sia un episodio storico a cui nessuno può dare spiegazioni. Mai successo, per ogni patologia, c'è sempre una storia letteraria farmaceutica. Perché per l'Aids non sappiamo nulla? Una specie di sventura biblica a cui è impossibile sottrarci. Un dubbio ciclopico. Con questa attribuzione delle cause a una sorta di sciagura sovrannaturale i veri responsabili di tutti i governi passati, si auto esentano da ogni colpa. E l'utilizzo di parole come spread o spending review, in un Paese dove la conoscenza dell'inglese è bassissima, non fa altro che allungare le distanze tra il popolo e la reale situazione di chi s'intravvede nelle ombre oscure delle corsie d'ospedale reparti Malattie Infettive magre fino all'osso e camici bianchi che sono veli appoggiati a quattro ossa e un'anima (si dice che pesi 18 grammi, l'anima). Non scherzerei mai sull'anima.