giovedì 8 febbraio 2018

Il ladro di orchidee




IL LADRO DI ORCHIDEE

NON E’ MICA UNA 
GARA A CHI PISCIA 
PIU' LONTANO





NELLA foto uno strepitoso Chris Cooper,

nei panni dell'antropologo-botanico John Laroche,

personaggio che gli valse un Oscar come

"Attore non protagonista"



Se volete abbandonare le strutture lineari
e avventurarvi nell'ignoto, qui trovate celluloide
per i vostri canini


    Nicolas Cage (psicotico) e Meryl Streep (scrittrice)
     in una scena de Il ladro di orchidee

NON CAMBIAMO

ARGOMENTO!


Un omaggio al grande GEOFFRY
IL PUNTO, LA COSA meravigliosa, lo stupore intimo, è che ognuno di questi fiori ha un rapporto sessuale con l'insetto che l’impollina. Esiste un'orchidea che ha lo stesso aspetto di un insetto. Per questa ragione, quell'insetto viene attratto da quel fiore, il suo doppio, la sua anima gemella, l'elemento senza il quale non può vivere. E non desidera altro che fare all'amore con lei. Solo questo. Gli basta questo. Il resto nulla conta. Sente e sa che è chiamato per questo. Una volta volato via, l'insetto poi vede un'altra orchidea, un'altra anima gemella, un altro profondo idem sentire e anche con lei fa all'amore impollinandola. E ne il fiore, ne l'insetto, capiranno mai il significato del loro atto d'amore, della loro grazia. E come potrebbero sapere che è grazie alla loro dolce danza che il mondo continua la sua corsa, ma è così. Facendo per noi, quello che sono stati progettati di fare, dando vita a qualcosa di grandioso, di magnifico. In questo senso, ci dimostrano come si vive, c'insegnano che l'unico barometro che abbiamo, è il cuore. 

Nel film appaiono Spike Jonze, John Malkovich,
John Cusack e Catherine Keener che interpretano loro stessi
AI RITMI DELLA VITA 



Il Birignao di riflessi speculari si complica, è vero, ad un certo punto, dopo la prima mezz'ora, sembra che il film si sia perso, si stia lentamente sfilacciando la struttura portante del tutto, immagini, sceneggiatura, recitazione, camei, ma con l'incontro tra i personaggi della storia in cornice (i gemelli) e quelli della storia rappresentata (Susan e John), che tra l'altro rivela (la scrittrice e giornalista del New Yorker), una natura sanguinaria amplificata dagli effetti della polvere cristallizzata da John Laroche capace anche di armeggiar di chimica oltre che di Internet "spazio porno", con il quale fa un sacco di soldi, grazie a due siti che ha implementato e ha una 20% di entrate su ogni incontro che i suoi 2 siti realizzano con disperati alla ricerca dell'anima gemella.


IL VERO CHARLIE KAUFMAN
Dicevamo
dell'evoluzione...

UN'ACUTA elucubrazione meditativa pilotata con meticolosità sull'Humus Vitae, una spietata e acuminata frustata alle Major hollywoodiane, un'implacabile e circoscritta osservazione sulla conflagrazione feconda, fertile e geniale gioco di uno scrittore alle strette col suo libro. Un intelligente balocco barocco a congiunture, tasselli, tessere di un movie che è una connessione col mondo dei "minimi sforzi naturali" che reggono le pesanti sorti dell'intero pianeta. Una metafora potente e per me riuscita, ma io ho gusti pop e un po' alternativi, non sono attendibile. Un film che comunque congiunge, s'innesta ad un pianeta di danze microbiche che per teatro hanno paludi, acquitrini, stagni, melma e fanghiglia. Una pozzanghera che induce all'immobilismo, all'impantanamento, alla pania, elementi l'attenzione dello spettatore che non racconta solo se stesso, ossia si ritrova addirittura a descrivere il suo ruolo mentre recita nel film. Meta-Film al quadrato.

E fino a quando non individuerai
il tuo fiore, nulla potrà mai
intralciarti o fermarti









































Nessuno ti può giudicare se hai sfiorato la morte

COME SI COSTRUISCE UNA SCENEGGIATURA?
È l’autore ad adattarsi alla trama o è la storia a modellarsi in base alla personalità dello scrittore, come se scaturisse dalla sua personale visione del mondo? Prendiamo questo interrogativo, uniamolo ad uno degli sceneggiatori più folli della storia del cinema, affiancato da un regista che già, al suo secondo lungometraggio, è una celebrità, e ne verrà fuori un capolavoro visionario senza pari, una delle pellicole più originali, poetiche, divertenti e brillanti degli ultimi dieci anni

UNA PELLICOLA GENIALE, quasi più del precedente "Essere...", sia per struttura narrativa che per costruzione che affianca le idee di Kaufman alle immagini. Un labirinto da districare, un puzzle di nuvole da risolvere, intrecci e confusioni dedaliche, meandri e tortuosità accavallate nella mente di questo Benigni americano, ma meno iconoclasta dell'intellettuale toscano. Più folle. Il viluppo che s'aggroviglia a spirale, e groviglio, nuovi bizantinismi, vecchie complessità. Il libro racconta la storia del antropologo-botanico John Laroche, un ricercatore appassionato di orchidee rare da arrivare al punto di rubarle da un Parco acquatico pubblico in California assieme ad un gruppo di Indiani Seminole. Riuscirà, attraverso un sapere più esperienziale che nozionistico, ad estrarre dalle orchidee una potente polvere di cui Susan Orlean (Maryl Streep) apprezzerà, a sue spese, gli effetti "rilassanti" e paranoici della sostanza fuori tabella di sicuro, per stare dalla parte del sicuro e farsi i viaggi in pace con la polvere di orchidea? L'era della pace sopraggiunse e le tensioni nevrotiche mollarono la presa arpionata. Architettura fotografica che abbina alle idee di Kaufman, alle immagini appena passate sullo video, anche se a tratti s'avverte venire a meno il ritmo nel suo viluppo, causato da un prepotente scollamento tra la prima parte e la seconda parte del film, quando passaggi eccessivi sono levigati da un the end in perfetto ripper americano. Rimane tuttavia, l'affascinante disamina del creato o piuttosto della mente di Charlie con tutti i suoi vulcani in eruzione di creatività accostati al grottesco approccio del fratello Donald, una miscela filmica davvero riuscita ed esaltante nella sua squilibrata diversità di prestazioni tutte convergenti verso lo steso punto. Quasi che lo scontro tra i due due, ossia tra le due scuole di pensiero, formassero un unico modo di narrare quel genere di film. E' questo l'enigma più avvolgente rispetto alla tematica incentrata sulla Orlean e sul suo bisogno uscire sistematicamente da se stessa, da una vita divenuta liscia, troppo piatta per non essere depressi come lo è, lasciandosi trasportare da questa polvere magica estratta dalle Orchidee più recondite, quelle che hanno trovato vita negli anfratti umani più disagevoli, acquitrini e paludi australiane immerse in una melma di fetidi fiumi e rigagnoli e per questa immane fatica che l'orchidea compie, trova nell'estrema sua bellezza l'intero e forse di più benefit al fiore stesso cresciuto in un ambiente così impervio con una vistosa evoluzione naturale. Un Miracolo.

NON CENTRA NIENTE,
E' QUESTO IL BELLO

UN DISCORSO A PARTE va esplorato per la visionarietà di Jonze, come lo scrittore Gustave Flaubert ed il suo birignao intellettuale, quando voleva scrivere un libro sul niente, un testo che parlasse del niente con parole innocue come il nulla. Così, il regista di New York, ha voluto scrivere una storia attorno ai fiori, soggetti cinematografici sempre audaci da prendere in considerazione, seppur in contesti illusori. Il risultato è convincente, anche per l'uso che Jonze fa della cinepresa, movimentata o fissa per anche 3 minuti, anche se bocciata da molti. Del resto nasce come regista pubblicitario Jonze, ora è passata l'era dell'enfant prodige, essendosi affermato a tutti gli effetti come scoperta autentica registica cinematografica degli ultimi anni, e dà i frutti che ha. Ovvia come la forfora.

Se osservate bene, c'è un Malkovich 
diverso nel gruppone 3° in alto
a destra


E' uno di quei registi che più di altri, quando esce una sua pellicola, tutti, non so il perché, s'aspettano il capolavoro, un'opera geniale. Il problema è che non si possono fare sempre e solo capolavori e opere geniali, quindi ciò ci porta a pensare che qualche volta si può siglare anche film mediocre, che non è questo, dove l'immagine è sempre più ripetuta e frammentata di quella filmica, rendendo l'approccio alla pellicola molto coinvolgente fin dall'inizio per poi rallentare, com'è accaduto anche nel cult "Essere John Malkovich", dove Jonze spinge a manetta la tavoletta del gas sulla tematica dello sdoppiamento della personalità, o rappresentazione della realtà filtrata dalle emozioni di un'altra persona, tema caro al giovane regista, neanche cinquantenne.
Meryl Streep, è una delle attrici più sopravvalutate di Hollywood.

Non mi conosce e mi ha attaccato ai Golden Globe.

È una leccapiedi di Hillary che ha straperso.

(Donald Trump, o parrucchino d'oro)

























Affascinante l'analisi del mondo, o piuttosto della mente sconvolta e febbricitante di Charlie con tutti i suoi conflitti creativi accostati alla grottesca ovvietà d'approccio al modo della scrittura, in questo caso cinematografica, del fratello Donald, quasi lo scontro tra due scuole di pensiero di modo d’intendere la sceneggiatura di un film.
Spike Jonze director, Sofia Coppola and Nicolas Cage


L'eccedenza del doppio



UNA VOLTA SI SAREBBE detto che si trattava di un metafilm, ossia di un film che narrava di cinema e delle sorti e stagioni danzanti. Il passaggio più strabiliante inerente alla scrittrice del New Yorker, Susan Orlean (interpretata dalla solita Maryl Streep) e sulla sua necessità d’evadere la sua realtà composta di esistenze squallide e non interessanti, scoprendo in John Laroche (Crhis Cooper) uno schizzato e saggio antroplogo-botancio, colui che l’aiuterà a compiere un viaggio inusuale facendole provare le polveri delle orchidee, un viaggio mentale che somiglia parecchio a quelli dell'LSD. Proprio ciò che cercava Susan Orlean, l’evasione dalla sua prigione dorata quotidiana. Maryl Streep è una sorta di garanzia con la sua abilità nel tratteggiare il più sottile cambiamento d'umore. Mentre Cage, nel suo doppio, eccede da una parte e dall’altra, senza mai esplodere in un fragore liberatorio di recitazione elevata. Ci si accontenta di un bravo, Nicolas Cage, quando lo si vorrebbe ottimo, come in “Via da Las Vega” per il quale vinse l’Oscar. Ma da allora sono passati 20 anni. Nicolas!