martedì 25 luglio 2017

Il Leit motiv di Faber



Mi sono visto di spalle che 

partivo...



 di Matteo Tassinari 

Faber riposa
Sicuro, Belìn?

FABRIZIO DE ANDRE', attraverso affabulazioni e assonanze incastonate alla sua maniera in una delle canzoni 
predilette dall'autore stesso, "Amico fragile", dove rende palese quanto sia stato indigesto essere Fabrizio De André, talune volte. Cita questi versi in una delle canzoni più autobiografiche e più amate per sua stessa ammissione opinione confermata anche dai suoi collaboratori ed estimatori più stretti. È l'osservazione sulla delicatezza o imperfezione della connessione tra gli esseri umani, un deserto allucinato, allineato dove manca il rispetto, come nelle favole di Fellini, un personaggio capace, indulgente, affidabile, credibile e soprattutto paterno. È ancora oggetto di discussioni, in Rete e fuori (anche se si sta meglio fuori, che strano supplizio ci siamo dati) circa la sua valenza e il suo significato, le molteplici versioni. Simbolismi, allegorie, allusioni, similitudini che trovavano sempre sede nella realtà dei nostri giorni inabbordabili e troppo esigenti, quasi come Amleto o "Pilar del mare con le sue donne che sulla strada bruciavano copertoni a disposizione dei signori".

Se i cosiddetti “migliori” di noi avessero il coraggio di sottovalutarsi
almeno un po’ vivremmo in un mondo infinitamente migliore
IL NARRATORE DI AMICO FRAGILE, "evaporato in una nuvola rossa", guarda con assenza l'immaginazione di chi è "più curioso", "meno stanco" e "più ubriaco", desideroso di "luoghi meno comuni e più feroci", la cortesia diplomatica dei rapporti falsi, le convenzioni del mondo in cui è immerso l'inquietudine del vivere quotidiano e ne rimane quasi accecato dall'arroganza degli "amici" in quel di Gallura. Da una parte pare respingere ogni astrazione conciliativa, di assimilazione e armonia, di approvazione delle contraddizioni e dei confini terminali individuali. Pare voler partire in uno spazio onirico, immaginario, ricercando l'oscuramento dentro di se come una realtà che lo stava circuendo per bloccarlo dietro alle corde di una chitarra per cantare come idioti e per coro poveri gonzi col Rolex d'oro o argentato al braccio e catene d'oro al petto abbronzato, dopo il brodetto di pesce sardo alla "Mannaca". Il whisky aveva iniziato a scorrere a fiumi, tra gli astanti.


Evaporato

In una

nuvolarossa

Amico fragile è l'encomio fallimento o dell'apologia del dissesto di chi ha vestito due panni contrapposti, dal ruolo dell'inquisitore e del blasfemo, del sacerdote e della vittima sacrificale, del censore collotorto e dell'anarcoide libertario. E potremmo ricordare quanto sia vero detto dal cappellaio folle (IPXE DIXIT, Frank Zappa): "Alcuni scienziati affermano che l'idrogeno, poiché sembra essere ovunque, è la sostanza basilare dell'universo. Non sono d'accordo. Io dico che c'è molta più stupidità che idrogeno, e che quella è la vera sostanza costitutiva dell'universo". (Citato in The Real Frank Zappa Book)

 Ama e ridi se amor risponde 
Amico fragile è stata composta quando Fabrizio era ancora con la mia prima moglie Puny. Furono invitati una sera ad una di quelle feste a Portobello di Gallura, dove Fabrizio s'era comprato una casa nel '69 in uno di quei ghetti della costa nord sarda. D'estate arrivavano tutti i turisti, gente coi danari, Mercedes, Rolex, maglioncini di Cachemire che sfruttavano la bellezza del posto che li circondava senza rispettarlo, romani, milanesi, genovesi, torinesi, in un parco residenziale. M’invitarono e la notte, per i pochi intimi, finiva sempre col chiudersi puntualmente con Fabrizio e la chitarra in mano a cantari sbronzi. Imbalsamato come una statua De André mal sopportava questo stato di cose. E lo dice che è in cerca di luoghi meno comuni e più feroci senza rimpiangere la mia credulità, ossessioni che appartengono al privato di Fabrizio e trovano posto nello scoprire di essere "molto più ubriaco di voi".
Furiosamente
di getto
PROPRIO LUI... 
UNA SERA FABRIZIO, CERCO' di dire: “Perché piuttosto non parliamo del Diavolo, visto che il Papa ne ha parlato proprio in questi giorni?”. Era il periodo che Paolo VI parlò pubblicamente degli esorcismi. Fabrizio voleva parlare un po' di quello che succedeva in Italia, non mettersi al centro della situazione con la solita chitarra e i soliti coretti col Rolex al polso, ma la gente non lo capiva questo, che voleva essere uno come gli altri. Nemmeno per sogno, doveva suonare! Proprio lui, nato da famiglia ricca, ed in eterna lotta contro la sue stesse origini famigliari e sociali, a lui troppo stretti e banali. Proprio lui che fin da ragazzo aveva scelto la Genova d'angiporto, quella dei bordelli, dei pittori, dei tiratardi. E dei cantautori. Proprio lui che anarchicamente avversava le maggioranze e la loro utilità nel  divorare tutto ciò che di sembianza ha l'umano, di anestetizzare le emozioni, le sensibilità, gli impulsi di ogni persona. Proprio lui che sapeva trarre dalla abbia e dall'impotenza, quella efficacia e profonda potenza narrativa che dilatava la sua dolcezza sia come uomo che come artista. Proprio lui...
Durante il rapimento mi aiutò la fede negli uomini, proprio dove
latitava la fede in Dio. Ho sempre detto che Dio è un'invenzione dell'uomo,
qualcosa di utilitaristico, una toppa sulla nostra fragilità…
Ma, tuttavia, col sequestro qualcosa si è smosso. Non che abbia cambiato idea
ma è certo che  bestemmiare oggi come minimo mi imbarazza

Questo, considerando lo spirito libero di De André, consisteva in un'imposizione ripugnante, insopportabile, sgradevole. Da non vivere. Caso mai da fuggire come poi ha fatto. Del resto De André è sempre stato un maestro nel regalare la sua assenza a chi non dava valore alla sua presenza. Era un uomo intenso in tutto quello che diceva e scriveva, anche quando rideva, figuriamoci quando cantava. Gran selezionatore d’amicizie, ma la vera amicizia l’ha conosciuta davvero, a detta di Faber, solo quando visse per giorni con i contadini sardi negli ultimi anni, altri uomini, soprattutto quelli che dalla vita hanno ricevuto schiaffi e ceffoni per responsabilità altrui. C’è chi dice che fosse un vincente-perdente. Io penso che fosse un grande, un uomo che ha saputo dare molto, sicuramente di più di quanto pensasse lui stesso.
 La scrissi
  in un'ora
A polmoni aperti, ad un certo punto della serata, Fabrizio scoppiò gridando fra lo stupore della gente: “mi sono rotto i coglioni, andate a quel paese tutti voi che non sapete altro che imporre cosa uno deve fare. Il seguito è ancora più abissale. “Poi mi sono ubriacato sconciamente, come un ubriacone senza vergogna, remore e ritegno, ho insultato tutti ad alta voce e ho infangato tutti i loro modi di vita e me ne sono tornato a casa per scrivere Amico fragile". Non so voi, ma in Amico Fragile vedo Piero Ciampi e il contesto contingente qui è di natura del tutto particolare. "Ero sbronzo e c’impiegai circa un’ora a scrivere Amico fragile, di getto. Ricordo che erano circa le otto del mattino, mentre la mia prima moglie Puny mi cercava senza trovarmi, né a letto né da nessun'altra parte. C'era infatti una specie di buco a casa nostra, che era poi una dispensa priva anche di mobili, dove m'ero rifugiato e mi hanno trovato lì che stavo finendo il brano sbronzo al limite. Mi sono ritrovato con la chitarra in mano in mezzo a gente che pensava solo al divertimento, agli affari suoi, al denaro, allo sfruttamento, al godimento, allo strozzinaggio, all’uso frutto, alla speculazione, senza porsi il dubbio del parere altrui. Questa gente non la sopporto e non la sopporterò mai, sono il mio esatto contrario”.
Benedetto Croce, diceva, che fino all'età dei diciotto anni tutti scrivono poesie. Dai diciotto anni in poi, rimangono a scriverle due categorie di persone: i poeti e i cretini. E quindi io precauzionalmente preferirei considerarmi un cantautore

Il Leit motiv di Faber, l'ennesimo rigetto contro la borghesia, classe sociale da cui proveniva e proprio per questo negazione doppia, viveva come una colpa il fatto che la sua famiglia fosse una delle più ricche di Genova. Quando era al liceo e suo padre era il vice preside dell’istituto, lui teneva questa informazione come un segreto, sarebbe stata un’offesa terribile per lui, come se qualcuno gli avesse appiccicato addosso il distintivo di privilegiato. Ha sempre tradito le sue origini sociali e culturali, ma del resto non era colpa sua se i suoi genitori erano ricchi e suo padre amministratore delegato dell'Eridania, oltre che essere stato vice sindaco di Genova e uomo di fiducia dell'imprenditore rampante del gruppo Ferruzzi di Ravenna di Raul Gardini. Detestava questa gente, per quanto amava suo padre. Al giornalista Vincenzo Mollica disse: "La cosa che vorrei di più ora che mio padre è morto, è poterlo rivedere e parlarci un pò, sarebbe stupendo
  
Cosa vorrei?


Parlare con mio padre

Voglio vivere in una città dove
all'ora dell'aperitivo non ci siano
spargimenti di sangue
o di detersivo

Evaporato inunanuvola rossa
La nuvola rossa citata all'inizio è un riferimento all'alcol e al suo oblio che incasinava brutalmente la situazione, ma era vero che fosse l'unica via di fuga da quel branco di gente con le signore borseggiate con Louis Vuitton , Borbonese e foulard Ken Scott (erano gli anni ’70...). Lui si trovava al centro di una congrega che non aveva mai scelto, mentre la congrega aveva scelto lui come menestrello della serata solo perché aveva cantato con Mina e alla Bussola di Viareggio ed era un nome ormai. Ma ciò Faber non lo sopportava. “Evaporato in una nuvola rossa”, da considerare che a quei tempi Faber si considerava un "drogato" (parole testuali sue), bevendo un litro al giorno di wishky. “La droga dei miei tempi era l'alcol. Ho bevuto come una spugna fino a 45 anni. Sicuramente fossi nato 40 anni dopo mi sarei ritrovato con molte siringhe nelle braccia. Mi è andata bene".
La solitudine può portare a forme straordinarie di libertà
La dispensa dove si era rifugiato è una delle molte feritoie della notte, dove ci si rifugia per non essere scoperti per il desiderio della solitudine come l'acqua quando si ha sete, o quando si vuole perdersi in una storia e confondersi in essa per evadere dalla oscura incompetenza della gente ricca della Sardegna. Scritto o no, sotto l'effetto dell'alcol, il testo dimostra un'efficacia prodigiosa, un gioiello di Dio, il luminare rimedio a ciò che resta dell'orrido. Questo brano che aggiunse alla sua personalità dotata di forti giochi visionari, talvolta incomprensibili per non voler capire, è il risultato della celebrità in ambienti dove ci si da il buon giorno e la buona sera con il sorriso di circostanza e fasullo come la polvere. Gentaglia piena di soldi, vuota di affetti veri.

L’11 gennaio 1999 Fabrizio De Andrè muore per un tumore anche se la sua fama continua ad emettere segnali infrarossi, segno che già 30 anni fa, mentre il cane Libero li capta meglio di chiunque altro e sa restituirli egregiamente, con un bisogno d'attenzione e d'amore troppo: "Se mi vuoi bene, piangi ".